“Io conobbi Modigliani un anno o due prima che scoppiasse la guerra. Lo conobbi in uno studio di Montmartre ove convenivano vari artisti italiani: Cominetti, Oppi, Bucci e qualche altro”
C. G. Sarti, Attraverso Parigi, “La Tribuna”, 25 febbraio 1922
Nel 1922 sulle colonne della storica testata romana il giornalista ricorda il momento in cui conobbe il grande pittore livornese nel suo studio parigino. Ambiente frequentato da personalità quali Ubaldo Oppi e Anselmo Bucci, che entro qualche anno avrebbero animato le file del Novecento Italiano, e da Giuseppe Cominetti. Poche righe, estrapolate da un articolo di carattere cronachistico, forse per questo ancor più veritiere, grazie alle quali è possibile respirare l’aria del quartiere parigino sul finire della Belle Époque. Un crocevia di umori e sensazioni, atmosfere decadenti e bohémiennes e, al contempo, epicentro delle avanguardie e della modernità.
Ed è nella Ville Lumière degli anni Dieci che Cominetti raggiunge la maturità artistica, oscillando tra soggetti di derivazione simbolista e composizioni riconducibili a una visione dell’arte e della pittura più leggera e spensierata, che di frequente incontrava il favore della borghesia cittadina. Maturità artistica che corrisponde alla piena definizione della sua tecnica, volta a definire un ordito di segmenti di colore, in un vibrante dialogo con la ruvidità della tela a grana grossa.

Un grande dipinto ascrivibile agli anni del soggiorno parigino è la Ragazza che salta la corda, presentato dalla Galleria Arte Casa in occasione dell’83ª mostra Maestri Liguri ‘800 e ‘900. L’artista anima la superficie pittorica con un sorprendente spettacolo di forme e di colori che si rivela allo sguardo nella tensione dinamica della figura femminile che si muove tra le spighe gialle e i papaveri rossi. Un’opera dal respiro internazionale, in cui si mescolano le migliori qualità di Cominetti. La tessitura cromatica debitrice della frammentazione divisionista e il movimento di matrice futurista si sublimano nella pennellata rapida e incrociata che costituisce la sua cifra stilistica. Fulcro di un’ampia vicenda espositiva e bibliografica il dipinto è uno dei capolavori di Giuseppe Cominetti, di cui è doveroso sottolinearne la rarità.
La particolare tecnica del pittore, in relazione alla natura dei pigmenti utilizzati, è stata oggetto di un recente studio nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di Storia e Tutela dei Beni Culturali dell’Università di Udine, il CNR di Padova e gli eredi dell’artista. Studio presentato al convegno Materiali d’artista. L’atelier del pittore nell’Otto e Novecento tenutosi presso la Scuola Normale Superiore di Pisa nel 2015 e in seguito pubblicato per le edizioni del celebre istituto accademico toscano. In esso viene evidenziato come il pittore utilizzasse colori di alta qualità della ditta Lefranc, definiti come «de premier choix et d’une finesse perfaite», pensati per mantenere un elevato grado di stabilità cromatica nel corso del tempo.
Infine un breve cenno alla recente iniziativa realizzata da Banca Patrimoni Sella & C. e ASL Città di Torino, ovvero l’esposizione temporanea di un altro capolavoro dell’artista, la Nascita di Venere, presso la struttura sanitaria allestita alle Officine Grandi Riparazioni del capoluogo piemontese. I più recenti studi delle medical humanities – settore interdisciplinare della medicina che studia l’applicazione dell’arte alla pratica medica – sottolineano infatti l’impatto positivo dell’arte sul benessere mentale e fisico dei pazienti e degli operatori sanitari. Ci auguriamo che iniziative simili possano continuare e che siano di buon auspicio.